Lei
è uno di quegli esempi che vengono spesso etichettati come“gli italiani che ce
l’ha fatta all’estero”.
Stiamo parlando di Paola
Antonelli, laureata in Architettura al Politecnico
di Milano nel 1990, ha curato numerose
mostre di architettura e design in Italia, Francia e Giappone e dal 1994 lavora al MoMA di New York di cui
è Senior
Curator dal 2007 (grazie al contribuito essenziale
svolto per l'inserimento del design tra gli ambiti di ricerca del museo).
Questa postilla è importante perché forse dà un’idea in più in merito alla sua
recente scelta che è stata molto criticata e ha sollevato un bel polverone tra
i critici d’arte.
Qualche settimana fa il museo newyorchese ha
annunciato l’acquisizione di alcuni videogames, tra cui PACMAN (
chi non ricorda il cerchio giallo che mangia i puntini!!), Tetris, Another World, Myst, SimCity 2000, Vib-Ribbon, The
Sims, Katamari Damacy, EVE Online e altri videogames.
Subito dopo l’annuncio Jonathon Jones, critico d’arte del Guardian ha scritto un pezzo intitolato “ Scusa Moma, ma i
videogames non sono arte!”e aggiunge: "non si può mettere nella stessa stanza Picasso e PacMan!"
All'articolo del Guardian, non era seguita nessuna replica fino a ieri quando la curatrice, in
un incontro live su TED talks, ha ribattuto al giornalista: “Il
vero problema è che ancora una volta il design viene confuso con l’arte e con l’idea
che i designer aspirino a essere definiti artisti! Invece no, i designer
aspirano a diventare dei grandi designer!”
Guardate qui tutta la presentazione:
Il punto su cui si è soffermata
spesso la curatrice durante l’incontro è che il design è molto di più in una
sedia carina, è interazione con le persone...
E su questo siamo
totalmente d’accordo, infatti un prodotto di design è pensato, studiato e progettato
per avere un’utilità finale, per rendere più agevole la vita delle persone: il design
dev’essere funzionale e sociale!
E allora perché i
videogiochi non possono essere una forma diversa di “design”? Questa
scelta del MoMa è basata su criteri imprescindibili dal design e dall’architettura
come l’estetica, lo spazio, la percezione del tempo e il comportamento!
E allora pensiamo un attimo a
videogiochi come Sims, dove si simula una vita virtuale, piccoli personaggi
completi di tratti fisici e caratteriali diversi tra loro, che nascono, vivono,
si riproducono e muoiono. Abitano delle case (da costruire e arredare), hanno
un lavoro, guadagnano simoleon (la loro moneta) e vivono esistenze
che ricordano quelle delle persone vere.
E voi cosa ne pensate?
Credete che sia una scelta azzardata o quantomeno discutibile?
Ps: Capita molto
spesso che delle idee borderline siano criticate o respinte. Paola Antonelli racconta che nel 1930 alcuni suoi colleghi aveva proposto al MoMa un
esposizione d’arte cubista ma fu bocciata perché non era considerata come arte...
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